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PIO Pope Pius XII
SERVO DEI SERVI DI DIO
LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON LâAPOSTOLICA SEDE SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE PACE E COMUNIONE
CIRCA ALCUNE FALSE OPINIONI CHE MINACCIANO DI SOVVERTIRE I FONDAMENTI DELLA DOTTRINA CATTOLICA"
Introduzione
I dissensi e gli errori degli uomini in materia religiosa e morale, per tutti gli onesti, soprattutto dei i sinceri e fedeli figli della Chiesa, sono sempre stati origine e causa di fortissimo dolore, ma specialmente oggi, quando vediamo come da ogni parte vengano offesi gli stessi principi della cultura cristiana.
Veramente non c'è da meravigliarsi, se fuori dell'ovile di Cristo sempre vi sono stati questi dissensi ed errori. Benché la ragione umana, assolutamente parlando, con le sue forze e con la sua luce naturale possa effettivamente arrivare alla conoscenza, vera e certa, di Dio unico e personale, che con la sua Provvidenza sostiene e governa il mondo, e anche alla conoscenza della legge naturale impressa dal Creatore nelle nostre anime, tuttavia non pochi sono gli ostacoli che impediscono alla nostra ragione di servirsi con efficacia e con frutto di questo suo naturale potere. Le verità che riguardano Dio e le relazioni tra gli uomini e Dio trascendono del tutto l'ordine delle cose sensibili; quando poi si fanno entrare nella pratica della vita e la informano, allora richiedono sacrificio e abnegazione.
Nel raggiungere tali verità , l'intelletto umano incontra ostacoli della fantasia, sia per le cattive passioni provenienti dal peccato originale. Avviene che gli uomini in queste cose volentieri si persuadono che sia falso, o almeno dubbio, ciò che essi "non vogliono che sia vero". Per questi motivi si deve dire che la Rivelazione divina è moralmente necessaria affinché quelle verità che in materia religiosa e morale non sono per sé irraggiungibili, si possano da tutti conoscere con facilità , con ferma certezza e senza alcun errore. (Conc. Vat. D. B. 1876, Cost. "De fide Cath.", cap. II, De revelatione).
Anzi la mente umana qualche volta può trovare difficoltà anche nel formarsi un giudizio certo di credibilità circa la fede cattolica, benché da Dio siano stati disposti tanti e mirabili segni esterni, per cui anche con la sola luce naturale della ragione si può provare con certezza l'origine divina della religione cristiana. L'uomo infatti, sia perché guidato da pregiudizi, sia perché istigato da passioni e da cattiva volontà , non solo può negare la chiara evidenza dei segni esterni, ma anche resistere alle ispirazioni che Dio infonde nelle nostre anime.
Chiunque osservi il mondo odierno, che è fuori dell'ovile di Cristo, facilmente potrà vedere le principali vie per le quali i dotti si sono incamminati. Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l'ipotesi monistica e panteistica dell'universo soggetto a continua evoluzione. Di questâipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio.
Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all'idealismo, all'immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di "esistenzialismo" perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della "esistenza" dei singoli individui.
Si aggiunge a ciò un falso "storicismo" che si attiene solo agli eventi della vita umana e rovina le fondamenta di qualsiasi verità e legge assoluta sia nel campo della filosofia, sia in quello dei dogmi cristiani.
In tanta confusione di opinioni, Ci reca un po' di consolazione il vedere coloro che un tempo erano stati educati nei principî del razionalismo, ritornare oggi, non di rado, alle sorgenti della verità rivelata, e riconoscere e professare la parola di Dio, conservata nella Sacra Scrittura, come fondamento della Teologia. Nello stesso tempo però reca dispiacere il fatto che non pochi di essi, quanto più fermamente aderiscono alla parola di Dio, tanto più sminuiscono il valore della ragione umana, e quanto più volentieri innalzano l'autorità di Dio Rivelatore, tanto più aspramente disprezzano il Magistero della Chiesa, istituito da Cristo Signore per custodire e interpretare le verità rivelate da Dio. Questo disprezzo non solo è in aperta contraddizione con la Sacra Scrittura, ma si manifesta falso anche con la stessa esperienza. Poiché frequentemente gli stessi "dissidenti" si lamentano in pubblico della discordia che regna fra di loro nel campo dogmatico, cosicché, pur senza volerlo, riconoscono la necessità di un vivo Magistero.
Ora queste tendenze, che più o meno deviano dalla retta strada, non possono essere ignorate o trascurate dai filosofi e dai teologi cattolici, che hanno il grave còmpito di difendere le verità divine ed umane e di farle penetrare nelle menti degli uomini. Anzi, essi devono conoscere bene queste opinioni, sia perché le malattie non si possono curare se prima non sono bene conosciute, sia perché qualche volta nelle stesse false affermazioni si nasconde un po' di verità , sia infine, perché gli stessi errori spingono la mente nostra a investigare e a scrutare con più diligenza alcune verità sia filosofiche che teologiche.
Se i nostri cultori di filosofia e di teologia da queste dottrine, esaminate con cautela, cercassero solo di cogliere i detti frutti, non vi sarebbe motivo perché il Magistero della Chiesa avesse a interloquire. Ma, benché Noi sappiamo bene che gli insegnanti e i dotti cattolici in genere si guardano da tali errori, è noto però che non mancano nemmeno oggi, come ai tempi apostolici, coloro che, amanti più del conveniente delle novità e timorosi di essere ritenuti ignoranti delle scoperte fatte dalla scienza in quest'epoca di progresso, cercano di sottrarsi alla direzione del sacro Magistero e perciò sono nel pericolo di allontanarsi insensibilmente dalle verità Rivelate e di trarre in errore anche gli altri.
Si nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre maggiormente con l'apparenza della virtù. Molti, deplorando la discordia e la confusione che regna nelle menti umane, mossi da uno zelo imprudente e spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i confini con cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti; essi abbracciano perciò una specie di "irenismo" che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di forze, l'irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico.
E come un tempo vi furono coloro che si domandavano se l'apologetica tradizionale della Chiesa costituisse più un ostacolo che un aiuto per guadagnare le anime a Cristo, cosi oggi non mancano coloro che osano arrivare fino al punto di proporre seriamente la questione, se la teologia e il suo metodo, come sono in uso nelle scuole con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo debbano essere perfezionate, ma anche completamente riformate, affinché si possa propagare con più efficacia il regno di Cristo in tutto il mondo, fra gli uomini di qualsiasi cultura o di qualsiasi opinione religiosa.
Se essi non avessero altro intento che quello di rendere, con qualche innovazione, la scienza ecclesiastica e il suo metodo più adatti alle odierne condizioni e necessità , non ci sarebbe quasi motivo di temere; ma alcuni, infuocati da un imprudente "irenismo", sembrano ritenere un ostacolo al ristabilimento dell'unità fraterna, quanto si fonda sulle leggi e sui principî stessi dati da Cristo e sulle istituzioni da Lui fondate, o quanto costituisce la difesa e il sostegno dell'integrità della fede, crollate le quali, tutto viene sì unificato, ma soltanto nella comune rovina.
Queste opinioni, provenienti da deplorevole desiderio di novità o anche da lodevoli motivi, non sempre vengono proposte con la medesima gradazione, con la medesima chiarezza o con i medesimi termini, né sempre i sostenitori di esse sono pienamente d'accordo fra loro; ciò che viene oggi insegnato da qualcuno più copertamente con alcune cautele e distinzioni, domani da altri, più audaci, viene proposto pubblicamente e senza limitazioni, con scandalo di molti, specialmente del giovane clero, e con detrimento dell'autorità ecclesiastica. Se di solito si usa più cautela nelle pubblicazioni stampate, di questi argomenti si tratta con maggiore libertà negli opuscoli distribuiti in privato, nelle lezioni dattilografate e nelle adunanze. Queste opinioni non vengono divulgate solo fra i membri del clero secolare e regolare, nei seminari e negli istituti religiosi, ma anche fra i laici, specialmente fra quelli che si dedicano all'educazione e all'istruzione della gioventù.
Per quanto riguarda la Teologia, certuni intendono ridurre al massimo il significato dei dogmi; liberare lo stesso dogma dal modo di esprimersi, già da tempo usato nella Chiesa, e dai concetti filosofici in vigore presso i dottori cattolici, per ritornare nell'esporre la dottrina cattolica, alle espressioni usate dalla Sacra Scrittura e dai Santi Padri. Essi così sperano che il dogma, spogliato degli elementi estrinseci, come essi dicono, alla divina rivelazione, possa venire con frutto paragonato alle opinioni dogmatiche di coloro che sono separati dalla Chiesa e in questo modo si possa pian piano arrivare all'assimilazione del dogma con le opinioni dei dissidenti. Inoltre, ridotta in tali condizioni la dottrina cattolica, pensano di aprire cosi la via attraverso la quale arrivare, dando soddisfazione alle odierne necessità , a poter esprimere i dogmi con le categorie della filosofia odierna, sia dell'immanentismo, sia dell'idealismo, sia dell'esistenzialismo o di qualsiasi altro sistema.
E perciò taluni, più audaci, sostengono che ciò possa, anzi debba farsi, perché i misteri della fede, essi affermano, non possono mai esprimersi con concetti adeguatamente veri, ma solo con concetti approssimativi e sempre mutevoli, con i quali la verità viene in un certo qual modo manifestata, ma necessariamente anche deformata. Perciò ritengono non assurdo, ma del tutto necessario che la teologia, in conformità ai vari sistemi filosofici di cui essa nel corso dei tempi si serve come strumenti, sostituisca nuovi concetti agli antichi; cosicché in modi diversi, e sotto certi aspetti anche opposti, ma come essi dicono equivalenti, esponga al modo umano le medesime verità divine. Aggiungono poi che la storia dei dogmi consiste nell'esporre le varie forme di cui si è rivestita successivamente la verità rivelata, secondo le diverse dottrine e le diverse opinioni che sono sorte nel corso dei secoli.
Da quanto abbiamo detto è chiaro che queste tendenze non solo conducono al relativismo dogmatico, ma di fatto già lo contengono; questo relativismo e poi fin troppo favorito dal disprezzo verso la dottrina tradizionale e verso i termini con cui essa si esprime. Tutti sanno che le espressioni di tali concetti, usate sia nelle scuole sia dal Magistero della Chiesa, possono venir migliorate e perfezionate; è inoltre noto che la Chiesa non è stata sempre costante nell'uso di quelle medesime parole. à chiaro pure che la Chiesa non può essere legata ad un qualunque effimero sistema filosofico; ma quelle nozioni e quei termini, che con generale consenso furono composti attraverso parecchi secoli dai dottori cattolici per arrivare a qualche conoscenza e comprensione del dogma, senza dubbio non poggiano su di un fondamento così caduco. Si appoggiano invece a principî e nozioni dedotte da una vera conoscenza del creato; e nel dedurre queste conoscenze, la verità rivelata, come una stella, ha illuminato per mezzo della Chiesa la mente umana. Perciò non c'è da meravigliarsi se qualcuna di queste nozioni non solo sia stata adoperata in Concili Ecumenici, ma vi abbia ricevuto tale sanzione per cui non ci è lecito allontanarcene.
Per tali ragioni, è massima imprudenza il trascurare o respingere o privare del loro valore i concetti e le espressioni che da persone di non comune ingegno e santità , sotto la vigilanza del sacro Magistero e non senza illuminazione e guida dello Spirito Santo, sono state più volte con lavoro secolare trovate e perfezionate per esprimere sempre più accuratamente le verità della fede, e sostituirvi nozioni ipotetiche ed espressioni fluttuanti e vaghe della nuova filosofia, le quali, a somiglianza dell'erba dei campi, oggi vi sono e domani seccano; a questo modo si rende lo stesso dogma simile a una canna agitata dal vento. Il disprezzo delle parole e delle nozioni usate dai teologi scolastici, di per sé conduce all'indebolimento della teologia speculativa, che essi ritengono priva di una vera certezza in quanto si fonda sulle ragioni teologiche.
Purtroppo questi amatori delle novità facilmente passano dal disprezzo della teologia scolastica allo spregio verso lo stesso Magistero della Chiesa che ha dato, con la sua autorità , una cosi notevole approvazione a quella teologia. Questo Magistero viene da costoro fatto apparire come un impedimento al progresso e un ostacolo per la scienza; da alcuni acattolici poi viene considerato come un freno, ormai ingiusto, con cui alcuni teologi più colti verrebbero trattenuti dal rinnovare la loro scienza. E benché questo sacro Magistero debba essere per qualsiasi teologo, in materia di fede e di costumi, la norma prossima e universale di verità (in quanto ad esso Cristo Signore ha affidato il deposito della fede - cioè la Sacra Scrittura e la Tradizione divina - per essere custodito, difeso ed interpretato, tuttavia viene alle volte ignorato, come se non esistesse, il dovere che hanno i fedeli di rifuggire pure da quegli errori che in maggiore o minore misura s'avvicinano all'eresia, e quindi "di osservare anche le costituzioni e i decreti. con cui queste false opinioni vengono dalla Santa Sede proscritte e proibite" (Corp. Jur. Can., can. 1324; Cfr. Conc. Vat. D. B. 1820, Cost. "De fide cath.", cap. 4, De fide et ratione, post canones).
Quanto viene esposto nelle Encicliche dei Sommi Pontefici circa il carattere e la costituzione della Chiesa, viene da certuni, di proposito e abitualmente, trascurato con lo scopo di far prevalere un concetto vago che essi dicono preso dagli antichi Padri, specialmente greci. I Pontefici infatti - essi vanno dicendo - non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero.
Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità . Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse.
Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle Encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo.
Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, di cui valgono poi le parole: "Chi ascolta voi, ascolta me" ( Luc. X, 16 ); e per lo più, quanto viene proposto e inculcato nelle Encicliche, è già per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica. Se poi i Sommi Pontefici nei loro atti emanano di proposito una sentenza in materia finora controversa, è evidente per tutti che tale questione, secondo l'intenzione e la volontà degli stessi Pontefici, non può più costituire oggetto di libera discussione fra i teologi.
à vero pure che i teologi devono sempre ritornare alle fonti della Rivelazione divina: è infatti loro còmpito indicare come gli insegnamenti del vivo Magistero "si trovino sia esplicitamente sia implicitamente" nella Sacra Scrittura o nella divina tradizione. Inoltre si aggiunga che ambedue le fonti della Rivelazione contengono tali e tanti tesori di verità da non potersi mai, di fatto, esaurire. Le scienze sacre con lo studio delle sacre fonti ringiovaniscono sempre; al contrario, diventa sterile, come sappiamo dallâesperienza, la speculazione che trascura la ricerca del sacro deposito. Ma per questo motivo la teologia, anche quella positiva, non può essere equiparata ad una scienza solamente storica. Dio insieme a queste sacre fonti ha dato alla sua Chiesa il vivo Magistero, anche per illustrare e svolgere quelle verità che sono contenute nel deposito della fede soltanto oscuramente e come implicitamente. E il divin Redentore non ha mai dato questo deposito, per l'autentica interpretazione, né ai singoli fedeli, né agli stessi teologi, ma solo al Magistero della Chiesa. Se poi la Chiesa esercita questo suo officio (come nel corso dei secoli è spesso avvenuto) con l'esercizio sia ordinario che straordinario di questo medesimo officio, è evidente che è del tutto falso il metodo con cui si vorrebbe spiegare le cose chiare con quelle oscure; anzi è necessario che tutti seguano l'ordine inverso. Perciò il Nostro Predecessore di imperitura memoria Pio IX, mentre insegnava che è còmpito nobilissimo della teologia quello di mostrare come una dottrina definita dalla Chiesa è contenuta nelle fonti, non senza grave motivo aggiungeva le seguenti parole: "in quello stesso senso, con cui è stata definita dalla Chiesa".
II
Ritorniamo ora alle teorie nuove, di cui abbiamo parlato prima: da alcuni vengono proposte o istillate nella mente diverse opinioni che sminuiscono l'autorità divina della Sacra Scrittura. Con audacia alcuni pervertono il senso delle parole del Concilio Vaticano con cui si definisce che Dio è lâAutore della Sacra Scrittura, e rinnovano la sentenza, già più volte condannata, secondo cui l'inerranza della Sacra Scrittura si estenderebbe soltanto a ciò che riguarda Dio stesso o la religione e la morale.
Anzi falsamente parlano di un senso umano della Bibbia, sotto il quale sarebbe nascosto il senso divino, che è, come essi dichiarano, il solo infallibile. Nell'interpretazione della Sacra Scrittura essi non vogliono tener conto dell'analogia della fede e della tradizione della Chiesa; in modo che la dottrina dei Santi Padri e del Magistero dovrebbe essere misurata con quella della Sacra Scrittura, spiegata, però, dagli esegeti in modo puramente umano; e non piuttosto la Sacra Scrittura esposta secondo la mente della Chiesa, che da Cristo Signore è stata costituita custode e interprete di tutto il deposito delle verità rivelate.
Inoltre il senso letterale della Sacra Scrittura e la sua spiegazione elaborata, sotto la vigilanza della Chiesa, da tali e tanti esegeti, dovrebbe, secondo le loro false opinioni, cedere il posto ad una nuova esegesi, chiamata simbolica e spirituale; secondo questâesegesi i libri del Vecchio Testamento, che oggi nella Chiesa sono una fonte chiusa e nascosta, verrebbero finalmente aperti a tutti. In questo modo - essi affermano - svaniscono tutte le difficoltà alle quali vanno incontro soltanto coloro che si attengono al senso letterale delle Scritture.
Tutti vedono quanto tutte queste opinioni si allontanino dai principi e dalle norme ermeneutiche giustamente stabilite dai Nostri Predecessori di felice memoria: da Leone XIII nell'Enciclica "Providentissimus Deus", da Benedetto XV nell'Enciclica "Spiritus Paraclitus", come pure da Noi stessi nell'Enciclica "Divino afflante Spiritu".
Non deve recare meraviglia che tali novità in quasi tutte le parti della teologia abbiano prodotto i loro velenosi frutti. Si mette in dubbio che la ragione umana, senza l'aiuto della divina Rivelazione e della grazia, possa dimostrare con argomenti dedotti dalle cose create, l'esistenza di un Dio personale; si afferma che il mondo non ha avuto inizio e che la creazione del mondo è necessaria, perché procede dalla necessaria liberalità del divino amore; così pure si afferma che Dio non ha prescienza eterna ed infallibile delle libere azioni dell'uomo: tutte opinioni contrarie alle dichiarazioni del Concilio Vaticano ( Cfr. Conc. Vat. Cost. "De fide cath.", cap. 1: De Deo rerum omnium creatore ).
Da alcuni poi si mette in discussione se gli angeli siano persone; se vi sia una differenza essenziale fra la materia e lo spirito. Altri snaturano il concetto della gratuità dell'ordine sovrannaturale, quando sostengono che Dio non può creare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica. Né basta; poiché, messe da parte le definizioni del Concilio di Trento, viene distrutto il vero concetto di peccato originale e insieme quello di peccato in genere, in quanto offesa di Dio, come pure quello di soddisfazione data per noi da Cristo. Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della transustanziazione, in quanto fondata su un concetto antiquato di sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ad un simbolismo, per cui le specie consacrate non sarebbero altro che segni efficaci della presenza di Cristo e della sua intima unione nel Corpo mistico con i membri fedeli.
Certuni non si ritengono legati alla dottrina che Noi abbiamo esposta in una Nostra Enciclica e che è fondata sulle fonti della Rivelazione, secondo cui il Corpo mistico di Cristo e la Chiesa cattolica romana sono una sola identica cosa. Alcuni riducono ad una vana formula la necessità di appartenere alla vera Chiesa per ottenere l'eterna salute. Altri infine non ammettono il carattere razionale dei segni di credibilità della fede cristiana.
à noto che questi errori, ed altri del genere, serpeggiano in mezzo ad alcuni Nostri figli, tratti in inganno da uno zelo imprudente o da una scienza di falso conio; e a questi figli sono costretti a ripetere, con animo addolorato, verità notissime ed errori manifesti, indicando loro con ansietà i pericoli dell'errore.
III
Tutti sanno quanto la Chiesa apprezzi il valore della ragione umana, alla quale spetta il còmpito di dimostrare con certezza lâesistenza di un solo Dio personale, di dimostrare invincibilmente per mezzo dei segni divini i fondamenti della stessa fede cristiana; di porre inoltre rettamente in luce la legge che il Creatore ha impressa nelle anime degli uomini; ed infine il còmpito di raggiungere una conoscenza limitata, ma utilissima, dei misteri (Cfr. Conc. Vat. D. B. 1796).
Ma questo còmpito potrà essere assolto convenientemente e con sicurezza, se la ragione sarà debitamente coltivata: se cioè essa verrà nutrita di quella sana filosofia che è come un patrimonio ereditato dalle precedenti età cristiane e che possiede una più alta autorità , perché lo stesso Magistero della Chiesa ha messo al confronto con la verità rivelata i suoi principî e le sue principali asserzioni, messe in luce e fissate lentamente attraverso i tempi da uomini di grande ingegno. Questa stessa filosofia, confermata e comunemente ammessa dalla Chiesa, difende il genuino valore della cognizione umana, gli incrollabili principî della metafisica cioè di ragion sufficiente, di causalità e di finalità ed infine sostiene che si può raggiungere la verità certa ed immutabile.
In questa filosofia vi sono certamente parecchie cose che non riguardano la fede e i costumi, né direttamente né indirettamente, e che perciò la Chiesa lascia alla libera discussione dei competenti in materia; ma non vi è la medesima libertà riguardo a parecchie altre, specialmente riguardo ai principî ed alle principali asserzioni di cui già parlammo. Anche in tali questioni essenziali si può dare alla filosofia una veste più conveniente e più ricca; si può rafforzare la stessa filosofia con espressioni più efficaci, spogliarla di certi mezzi scolastici meno adatti, arricchirla anche - però con prudenza - di certi elementi che sono frutto del progressivo lavoro della mente umana; però non si deve mai sovvertirla o contaminarla con falsi principî, né stimarla solo come un grande monumento, sì, ma archeologico. La verità in ogni sua manifestazione filosofica non può essere soggetta a quotidiani mutamenti specialmente trattandosi dei principî per sé noti della ragione umana o di quelle asserzioni che poggiano tanto sulla sapienza dei secoli che sul consenso e sul fondamento anche della Rivelazione divina. Qualsiasi verità la mente umana con sincera ricerca ha potuto scoprire, non può essere in contrasto con la verità già acquisita; perché Dio, Somma Verità , ha creato e regge l'intelletto umano non affinché alle verità rettamente acquisite ogni giorno esso ne contrapponga altre nuove; ma affinché,, rimossi gli errori che eventualmente vi si fossero insinuati, aggiunga verità a verità nel medesimo ordine e con la medesima organicità con cui vediamo costituita la natura stessa delle cose da cui la verità si attinge. Per tale ragione il cristiano, sia egli filosofo o teologo, non abbraccia con precipitazione e leggerezza tutte le novità che ogni giorno vengono escogitate, ma le deve esaminare con la massima diligenza e le deve porre su una giusta bilancia per non perdere la verità già conquistata o corromperla, certamente con pericolo e danno della fede stessa.
Se si considera bene quanto sopra è stato esposto, facilmente apparirà chiaro il motivo per cui la Chiesa esige che i futuri sacerdoti siano istruiti nelle scienze filosofiche "secondo il metodo, la dottrina e i principi del Dottor Angelico" (Corp. Jur. Can., can. 1366, 2), giacché, come ben sappiamo dall'esperienza di parecchi secoli, il metodo dell'Aquinate si distingue per singolare superiorità tanto nell'ammaestrare gli animi che nella ricerca della verità ; la sua dottrina poi è in armonia con la Rivelazione divina ed è molto efficace per mettere al sicuro i fondamenti della fede come pure per cogliere con utilità e sicurezza i frutti di un sano progresso ( A. A. S. vol. XXXVIII, 1946, p. 387 ).
Perciò è quanto mai da deplorarsi che oggi la filosofia confermata ed ammessa dalla Chiesa sia oggetto di disprezzo da parte di certuni, talché essi con imprudenza la dichiarano antiquata per la forma e razionalistica per il processo di pensiero. Vanno dicendo che questa nostra filosofia difende erroneamente l'opinione che si possa dare una metafisica vera in modo assoluto; mentre al contrario essi sostengono che le verità , specialmente quelle trascendenti, non possono venire espresse più convenientemente che per mezzo di dottrine disparate che si completano tra loro, benché siano in certo modo l'una all'altra opposte. Perciò la filosofia scolastica con la sua lucida esposizione e soluzione delle questioni, con la sua accurata determinazione dei concetti e le sue chiare distinzioni, può essere utile - essi concedono - come preparazione allo studio della teologia scolastica, molto bene adattata alla mentalità degli uomini medievali; ma non può darci - aggiungono - un metodo ed un indirizzo filosofico che risponda alle necessità della nostra cultura moderna. Oppongono, inoltre, che la filosofia perenne non è che la filosofia delle essenze immutabili, mentre la mentalità moderna deve interessarsi della "esistenza" dei singoli individui e della vita sempre in divenire.
Però, mentre disprezzano questa filosofia, esaltano le altre, sia antiche che recenti, sia di popoli orientali che di quelli occidentali, in modo che sembrano voler insinuare che tutte le filosofie o opinioni, con l'aggiunta - se necessario - di qualche correzione o di qualche complemento, si possono conciliare con il dogma cattolico. Ma nessun cattolico può mettere in dubbio quanto tutto ciò sia falso, specialmente quando si tratti di sistemi come l'immanentismo, l'idealismo, il materialismo, sia storico che dialettico, o anche come l'esistenzialismo, quando esso professa l'ateismo o quando nega il valore del ragionamento nel campo della metafisica.
Infine alla filosofia delle nostre scuole essi fanno questo rimprovero: che essa nel processo del pensiero bada solo all'intelletto e trascura la funzione della volontà e del sentimento. Ciò non corrisponde a verità . La filosofia cristiana non ha mai negato l'utilità e l'efficacia che hanno le buone disposizioni di tutta l'anima per conoscere ed abbracciare le verità religiose e morali; anzi, ha sempre insegnato che la mancanza di tali disposizioni può essere la causa per cui l'intelletto, sotto l'influsso delle passioni e della cattiva volontà , venga cosi oscurato da non poter rettamente vedere. Di più, il Dottor Comune ritiene che l'intelletto possa in qualche modo percepire i beni di grado superiore dell'ordine morale sia naturale che soprannaturale, in quanto esso esperimenta nell'ultimo una certa "connaturalità " sia essa naturale, sia frutto della grazia, con i medesimi beni (Cfr. S. Thom., Summa Theol. IIa IIæ, quæst. I, art. 4 ad 3; et quæst. 45, art. 2, in c.); ed è chiaro quanto questa, sia pur subcosciente, conoscenza possa essere di aiuto alla ragione nelle sue ricerche. Ma altro è riconoscere il potere che hanno la volontà e le disposizioni dell'animo di aiutare la ragione a raggiungere una conoscenza più certa e più salda delle verità morali, ed altro in quanto vanno sostenendo quei tali novatori: cioè che la volontà e il sentimento hanno un certo potere intuitivo e che l'uomo, non potendo col ragionamento discernere con certezza ciò che dovrebbe abbracciare come vero, si volge alla volontà , per cui egli possa compiere una libera risoluzione ed elezione fra opposte opinioni, mescolando malamente così la conoscenza e l'atto della volontà .
Non c'è da meravigliarsi che con queste nuove opinioni siano messe in pericolo le due scienze filosofiche che, per natura loro, sono strettamente collegate con gli insegnamenti della fede, cioè la teodicea e l'etica; essi ritengono che la funzione di queste non sia quella di dimostrare con certezza qualche verità riguardante Dio o altro ente trascendente, ma piuttosto quella di mostrare come siano perfettamente coerenti con le necessità della vita le verità che la fede insegna riguardo a Dio, Essere personale, e ai suoi precetti, e che perciò devono essere accettate da tutti per evitare la disperazione e per ottener l'eterna salvezza. Tutte queste affermazioni e opinioni sono apertamente contrarie ai documenti dei Nostri Predecessori Leone XIII e Pio X, e sono inconciliabili con i decreti del Concilio Vaticano.
Sarebbe veramente inutile deplorare queste aberrazioni, se tutti, anche nel campo filosofico, fossero ossequienti con la debita venerazione verso il Magistero della Chiesa, che per istituzione divina ha la missione non solo di custodire e interpretare il deposito della Rivelazione, ma anche di vigilare sulle stesse scienze filosofiche perché i dogmi cattolici non abbiano a ricevere alcun danno da opinioni non rette.
IV
Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede cristiana. Non pochi chiedono instantemente che la religione cattolica tenga massimo conto di quelle scienze. Il che è senza dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo.
Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà , moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede (Cfr. Allocuzione Pont. ai membri dell'Accademia delle Scienze, 30 novembre 1941; A. A. S. Vol. , p. 506). Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela.
Però quando si tratta dell'altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima libertà . I fedeli non possono abbracciare quell'opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l'insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4).
V
Come nelle scienze biologiche ed antropologiche, cosi pure in quelle storiche vi sono coloro che audacemente oltrepassano i limiti e le cautele stabilite dalla Chiesa. In modo particolare si deve deplorare un certo sistema di interpretazione troppo libera dei libri storici del Vecchio Testamento; i fautori di questo sistema, per difendere le loro idee, a torto si riferiscono alla Lettera che non molto tempo fa è stata inviata all'arcivescovo di Parigi dalla Pontificia Commissione per gli Studi Biblici (16 gennaio 1948; A. A. S., vol. XL, pp. 45-48).
Questa Lettera infatti fa notare che gli undici primi capitoli del Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo, tuttavia appartengono al genere storico in un vero senso, che però deve essere maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli - fa ancora notare la Lettera - con parlare semplice e metaforico, adatto alla mentalità di un popolo poco civile, riferiscono sia le principali verità che sono fondamentali per la nostra salvezza, sia anche una narrazione popolare dell'origine del genere umano e del popolo eletto.
Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da narrazioni popolari ( il che può essere concesso ), non bisogna mai dimenticare che hanno fatto questo con l'aiuto dell'ispirazione divina, che nella scelta e nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore. Quindi le narrazioni popolari inserite nelle Sacre Scritture non possono affatto essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto più di un'accesa fantasia che di quell'amore alla verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri Sacri, anche del Vecchio Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi son palesemente superiori agli antichi scrittori profani.
Veramente Noi sappiamo che la maggioranza dei dottori cattolici, dei cui studi raccolgono i frutti gli Atenei, i Seminari e i Collegi dei religiosi, sono lontani da quegli errori che apertamente o di nascosto oggi vengono divulgati, sia per smania di novità , sia anche per una non moderata intenzione di apostolato. Ma sappiamo anche che queste nuove opinioni possono fai presa tra le persone imprudenti; quindi preferiamo porvi rimedio sugli inizi, piuttosto che somministrare la medicina quando la malattia è ormai invecchiata.
Per questo motivo, dopo matura riflessione e considerazione, per non venir meno al Nostro sacro dovere, ordiniamo ai Vescovi e ai Superiori Generali degli Ordini e Congregazioni religiose, onerata in maniera gravissima la loro coscienza, di curare con ogni diligenza che opinioni di tal genere non siano sostenute nelle scuole o nelle adunanze e conferenze, né con scritti di qualsiasi genere e nemmeno sans insegnate, in qualsivoglia maniera, ai chierici o ai fedeli.
Gli insegnanti degli Istituti ecclesiastici sappiano che essi non possono esercitare con tranquilla coscienza l'ufficio di insegnare che è stato loro affidato, se non accettano religiosamente le norme che abbiamo stabilite e non le osservano esattamente nell'insegnamento delle loro materie. Quella doverosa venerazione ed obbedienza che nel loro assiduo lavoro devono professare verso il Magistero della Chiesa le infondano anche nella mente e nell'anima dei loro scolari.
Conclusione
Cerchiamo con ogni sforzo e con passione di concorrere al progresso delle scienze che insegnano; ma si guardino anche dall'oltrepassare i confini da Noi stabiliti per la difesa della fede e della dottrina cattolica. Alle nuove questioni, che la cultura moderna e il progresso hanno fatto diventare di attualità , diano l'apporto delle loro accuratissime ricerche, ma con la conveniente prudenza e cautela; infine, non abbiano a credere, per un falso "irenismo", che si possa ottenere un felice ritorno nel seno della Chiesa dei dissidenti e degli erranti, se non si insegna a tutti, sinceramente, tutta la verità in vigore nella Chiesa, senza alcuna corruzione e senza alcuna diminuzione.
Fondati su questa speranza, che sarà aumentata dalla vostra pastorale solerzia, come auspicio dei celesti doni e segno della Nostra paterna benevolenza, impartiamo di gran cuore a voi tutti singolarmente, come al clero e al popolo vostri, l'apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 22 del mese di Agosto dell'anno 1950, XII del Nostro Pontificato.
PIO PP. XII
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HOLY FATHER PIUS XII
Servant of the servants of God
ENCYCLICAL
HUMANI GENERIS
TO OUR VENERABLE BRETHREN, PATRIARCHS, PRIMATES, ARCHBISHOPS, BISHOPS, AND OTHER LOCAL ORDINARIES ENJOYING PEACE AND COMMUNION WITH THE HOLY SEE
CONCERNING SOME FALSE OPINIONS THREATENING TO UNDERMINE THE FOUNDATIONS OF CATHOLIC DOCTRINE
Venerable Brethren, Greetings and Apostolic Benediction
Introduction
Disagreement and error among men on moral and religious matters have always been a cause of profound sorrow to all good men, but above all to the true and loyal sons of the Church, especially today, when we see the principles of Catholic culture being attacked on all sides.
2. It is not surprising that such discord and error should always have existed outside the fold of Christ. For though, absolutely speaking, human reason by its own natural force and light can arrive at a true and certain knowledge of the one personal God, Who by His providence watches over and governs the world, and also of the natural law, which the Creator has written in our hearts, still there are not a few obstacles to prevent reason from making efficient and fruitful use of its natural ability. The truths that have to do with God and the relations between God and men, completely surpass the sensible order and demand self-surrender and self-abnegation in order to be put into practice and to influence practical life. Now the human intellect, in gaining the knowledge of such truths is hampered both by the activity of the senses and the imagination, and by evil passions arising from original sin. Hence men easily persuade themselves in such matters that what they do not wish to believe is false or at least doubtful.
3. It is for this reason that divine revelation must be considered morally necessary so that those religious and moral truths which are not of their nature beyond the reach of reason in the present condition of the human race, may be known by all mean readily with a firm certainty and with freedom from all error.[1]
4. Furthermore the human intelligence sometimes experiences difficulties in forming a judgment about the credibility of the Catholic faith, notwithstanding the many wonderful external signs God has given, which are sufficient to prove with certitude by the natural light of reason alone the divine origin of the Catholic religion. For man can, whether from prejudice or passion or bad faith, refuse and resist not only the evidence of the external proofs that are available, but also the impulses of actual grace.
5. If anyone examines the state of affairs outside the Catholic fold, he will easily discover the principle trends that not a few learned men are following. Some imprudently and indiscreetly hold that evolution, which has not been fully proved even in the domain of natural sciences, explains the origin of all things, and audaciously support the monistic and pantheistic opinion that the world is in continual evolution. Communists gladly subscribe to this opinion so that, when the souls of men have been deprived of every idea of a personal God, they may the more efficaciously defend and propagate their dialectical materialism.
6. Such fictitious tenets of evolution which repudiate all that is absolute, firm and immutable, have paved the way for the new erroneous philosophy which, rivaling idealism, immanentism and pragmatism, has assumed the name of existentialism, since it concerns itself only with existence of individual things and neglects all consideration of their immutable essences.
7. There is also a certain historicism, which attributing value only to the events of man's life, overthrows the foundation of all truth and absolute law, both on the level of philosophical speculations and especially to Catholic dogmas.
8. In all this confusion of opinion it is some consolation to Us to see former adherents of rationalism today frequently desiring to return to the fountain of divinely communicated truth, and to acknowledge and profess the word of God as contained in Sacred Scripture as the foundation of religious teaching. But at the same time it is a matter of regret that not a few of these, the more firmly they accept the word of God, so much the more do they diminish the value of human reason, and the more they exalt the authority of God the Revealer, the more severely do they spurn the teaching office of the Church, which has been instituted by Christ, Our Lord, to preserve and interpret divine revelation. This attitude is not only plainly at variance with Holy Scripture, but is shown to be false by experience also. For often those who disagree with the true Church complain openly of their disagreement in matters of dogma and thus unwillingly bear witness to the necessity of a living Teaching Authority.
9. Now Catholic theologians and philosophers, whose grave duty it is to defend natural and supernatural truth and instill it in the hearts of men, cannot afford to ignore or neglect these more or less erroneous opinions. Rather they must come to understand these same theories well, both because diseases are not properly treated unless they are rightly diagnosed, and because sometimes even in these false theories a certain amount of truth is contained, and, finally, because these theories provoke more subtle discussion and evaluation of philosophical and theological truths.
10. If philosophers and theologians strive only to derive such profit from the careful examination of these doctrines, there would be no reason for any intervention by the Teaching Authority of the Church. However, although We know that Catholic teachers generally avoid these errors, it is apparent, however, that some today, as in apostolic times, desirous of novelty, and fearing to be considered ignorant of recent scientific findings, try to withdraw themselves from the sacred Teaching Authority and are accordingly in danger of gradually departing from revealed truth and of drawing others along with them into error.
11. Another danger is perceived which is all the more serious because it is more concealed beneath the mask of virtue. There are many who, deploring disagreement among men and intellectual confusion, through an imprudent zeal for souls, are urged by a great and ardent desire to do away with the barrier that divides good and honest men; these advocate an "eirenism" according to which, by setting aside the questions which divide men, they aim not only at joining forces to repel the attacks of atheism, but also at reconciling things opposed to one another in the field of dogma. And as in former times some questioned whether the traditional apologetics of the Church did not constitute an obstacle rather than a help to the winning of souls for Christ, so today some are presumptive enough to question seriously whether theology and theological methods, such as with the approval of ecclesiastical authority are found in our schools, should not only be perfected, but also completely reformed, in order to promote the more efficacious propagation of the kingdom of Christ everywhere throughout the world among men of every culture and religious opinion.
12. Now if these only aimed at adapting ecclesiastical teaching and methods to modern conditions and requirements, through the introduction of some new explanations, there would be scarcely any reason for alarm. But some through enthusiasm for an imprudent "eirenism" seem to consider as an obstacle to the restoration of fraternal union, things founded on the laws and principles given by Christ and likewise on institutions founded by Him, or which are the defense and support of the integrity of the faith, and the removal of which would bring about the union of all, but only to their destruction.
13. These new opinions, whether they originate from a reprehensible desire of novelty or from a laudable motive, are not always advanced in the same degree, with equal clarity nor in the same terms, nor always with unanimous agreement of their authors. Theories that today are put forward rather covertly by some, not without cautions and distinctions, tomorrow are openly and without moderation proclaimed by others more audacious, causing scandal to many, especially among the young clergy and to the detriment of ecclesiastical authority. Though they are usually more cautious in their published works, they express themselves more openly in their writings intended for private circulation and in conferences and lectures. Moreover, these opinions are disseminated not only among members of the clergy and in seminaries and religious institutions, but also among the laity, and especially among those who are engaged in teaching youth.
14. In theology some want to reduce to a minimum the meaning of dogmas; and to free dogma itself from terminology long established in the Church and from philosophical concepts held by Catholic teachers, to bring about a return in the explanation of Catholic doctrine to the way of speaking used in Holy Scripture and by the Fathers of the Church. They cherish the hope that when dogma is stripped of the elements which they hold to be extrinsic to divine revelation, it will compare advantageously with the dogmatic opinions of those who are separated from the unity of the Church and that in this way they will gradually arrive at a mutual assimilation of Catholic dogma with the tenets of the dissidents.
15. Moreover, they assert that when Catholic doctrine has been reduced to this condition, a way will be found to satisfy modern needs, that will permit of dogma being expressed also by the concepts of modern philosophy, whether of immanentism or idealism or existentialism or any other system. Some more audacious affirm that his can and must be done, because they hold that the mysteries of faith are never expressed by truly adequate concepts but only by approximate and ever changeable notions, in which the truth is to some extent expressed, but is necessarily distorted. Wherefore they do not consider it absurd, but altogether necessary, that theology should substitute new concepts in place of the old ones in keeping with the various philosophies which in the course of time it uses as its instruments, so that it should give human expression to divine truths in various ways which are even somewhat opposed, but still equivalent, as they say. They add that the history of dogmas consists in the reporting of the various forms in which revealed truth has been clothed, forms that have succeeded one another in accordance with the different teachings and opinions that have arisen over the course of the centuries.
16. It is evident from what We have already said, that such tentatives not only lead to what they call dogmatic relativism, but that they actually contain it. The contempt of doctrine commonly taught and of the terms in which it is expressed strongly favor it. Everyone is aware that the terminology employed in the schools and even that used by the Teaching Authority of the Church itself is capable of being perfected and polished; and we know also that the Church itself has not always used the same terms in the same way. It is also manifest that the Church cannot be bound to every system of philosophy that has existed for a short space of time. Nevertheless, the things that have been composed through common effort by Catholic teachers over the course of the centuries to bring about some understanding of dogma are certainly not based on any such weak foundation. These things are based on principles and notions deduced from a true knowledge of created things. In the process of deducing, this knowledge, like a star, gave enlightenment to the human mind through the Church. Hence it is not astonishing that some of these notions have not only been used by the Oecumenical Councils, but even sanctioned by them, so that it is wrong to depart from them.
17. Hence to neglect, or to reject,or to devalue so many and such great resources which have been conceived, expressed and perfected so often by the age-old work of men endowed with no common talent and holiness, working under the vigilant supervision of the holy magisterium and with the light and leadership of the Holy Ghost in order to state the truths of the faith ever more accurately, to do this so that these things may be replaced by conjectural notions and by some formless and unstable tenets of a new philosophy, tenets which, like the flowers of the field, are in existence today and die tomorrow; this is supreme imprudence and something that would make dogma itself a reed shaken by the wind. The contempt for terms and notions habitually used by scholastic theologians leads of itself to the weakening of what they call speculative theology, a discipline which these men consider devoid of true certitude because it is based on theological reasoning.
18. Unfortunately these advocates of novelty easily pass from despising scholastic theology to the neglect of and even contempt for the Teaching Authority of the Church itself, which gives such authoritative approval to scholastic theology. This Teaching Authority is represented by them as a hindrance to progress and an obstacle in the way of science. Some non-Catholics consider it as an unjust restraint preventing some more qualified theologians from reforming their subject. And although this sacred Office of Teacher in matters of faith and morals must be the proximate and universal criterion of truth for all theologians, since to it has been entrusted by Christ Our Lord the whole deposit of faith - Sacred Scripture and divine Tradition - to be preserved, guarded and interpreted, still the duty that is incumbent on the faithful to flee also those errors which more or less approach heresy, and accordingly "to keep also the constitutions and decrees by which such evil opinions are proscribed and forbidden by the Holy See,"[2] is sometimes as little known as if it did not exist. What is expounded in the Encyclical Letters of the Roman Pontiffs concerning the nature and constitution of the Church, is deliberately and habitually neglected by some with the idea of giving force to a certain vague notion which they profess to have found in the ancient Fathers, especially the Greeks. The Popes, they assert, do not wish to pass judgment on what is a matter of dispute among theologians, so recourse must be had to the early sources, and the recent constitutions and decrees of the Teaching Church must be explained from the writings of the ancients.
19. Although these things seem well said, still they are not free form error. It is true that Popes generally leave theologians free in those matters which are disputed in various ways by men of very high authority in this field; but history teaches that many matters that formerly were open to discussion, no longer now admit of discussion.
20. Nor must it be thought that what is expounded in Encyclical Letters does not of itself demand consent, since in writing such Letters the Popes do not exercise the supreme power of their Teaching Authority. For these matters are taught with the ordinary teaching authority, of which it is true to say: "He who heareth you, heareth me";[3] and generally what is expounded and inculcated in Encyclical Letters already for other reasons appertains to Catholic doctrine. But if the Supreme Pontiffs in their official documents purposely pass judgment on a matter up to that time under dispute, it is obvious that that matter, according to the mind and will of the Pontiffs, cannot be any longer considered a question open to discussion among theologians.
21. It is also true that theologians must always return to the sources of divine revelation: for it belongs to them to point out how the doctrine of the living Teaching Authority is to be found either explicitly or implicitly in the Scriptures and in Tradition.[4] Besides, each source of divinely revealed doctrine contains so many rich treasures of truth, that they can really never be exhausted. Hence it is that theology through the study of its sacred sources remains ever fresh; on the other hand, speculation which neglects a deeper search into the deposit of faith, proves sterile, as we know from experience. But for this reason even positive theology cannot be on a par with merely historical science. For, together with the sources of positive theology God has given to His Church a living Teaching Authority to elucidate and explain what is contained in the deposit of faith only obscurely and implicitly. This deposit of faith our Divine Redeemer has given for authentic interpretation not to each of the faithful, not even to theologians, but only to the Teaching Authority of the Church. But if the Church does exercise this function of teaching, as she often has through the centuries, either in the ordinary or in the extraordinary way, it is clear how false is a procedure which would attempt to explain what is clear by means of what is obscure. Indeed, the very opposite procedure must be used. Hence Our Predecessor of immortal memory, Pius IX, teaching that the most noble office of theology is to show how a doctrine defined by the Church is contained in the sources of revelation, added these words, and with very good reason: "in that sense in which it has been defined by the Church."
22. To return, however, to the new opinions mentioned above, a number of things are proposed or suggested by some even against the divine authorship of Sacred Scripture. For some go so far as to pervert the sense of the Vatican Council's definition that God is the author of Holy Scripture, and they put forward again the opinion, already often condemned, which asserts that immunity from error extends only to those parts of the Bible that treat of God or of moral and religious matters. They even wrongly speak of a human sense of the Scriptures, beneath which a divine sense, which they say is the only infallible meaning, lies hidden. In interpreting Scripture, they will take no account of the analogy of faith and the Tradition of the Church. Thus they judge the doctrine of the Fathers and of the Teaching Church by the norm of Holy Scripture, interpreted by the purely human reason of exegetes, instead of explaining Holy Scripture according to the mind of the Church which Christ Our Lord has appointed guardian and interpreter of the whole deposit of divinely revealed truth.
23. Further, according to their fictitious opinions, the literal sense of Holy Scripture and its explanation, carefully worked out under the Church's vigilance by so many great exegetes, should yield now to a new exegesis, which they are pleased to call symbolic or spiritual. By means of this new exegesis of the Old Testament, which today in the Church is a sealed book, would finally be thrown open to all the faithful. By this method, they say, all difficulties vanish, difficulties which hinder only those who adhere to the literal meaning of the Scriptures.
24. Everyone sees how foreign all this is to the principles and norms of interpretation rightly fixed by our predecessors of happy memory, Leo XIII in his Encyclical "Providentissimus Deus," and Benedict XV in the Encyclical "Spiritus Paraclitus," as also by Ourselves in the Encyclical "Divino Afflante Spiritu."
25. It is not surprising that novelties of this kind have already borne their deadly fruit in almost all branches of theology. It is now doubted that human reason, without divine revelation and the help of divine grace, can, by arguments drawn from the created universe, prove the existence of a personal God; it is denied that the world had a beginning; it is argued that the creation of the world is necessary, since it proceeds from the necessary liberality of divine love; it is denied that God has eternal and infallible foreknowledge of the free actions of men - all this in contradiction to the decrees of the Vatican Council.[5]
26. Some also question whether angels are personal beings, and whether matter and spirit differ essentially. Others destroy the gratuity of the supernatural order, since God, they say, cannot create intellectual beings without ordering and calling them to the beatific vision. Nor is this all. Disregarding the Council of Trent, some pervert the very concept of original sin, along with the concept of sin in general as an offense against God, as well as the idea of satisfaction performed for us by Christ. Some even say that the doctrine of transubstantiation, based on an antiquated philosophic notion of substance, should be so modified that the real presence of Christ in the Holy Eucharist be reduced to a kind of symbolism, whereby the consecrated species would be merely efficacious signs of the spiritual presence of Christ and of His intimate union with the faithful members of His Mystical Body.
27. Some say they are not bound by the doctrine, explained in Our Encyclical Letter of a few years ago, and based on the Sources of Revelation, which teaches that the Mystical Body of Christ and the Roman Catholic Church are one and the same thing.[6] Some reduce to a meaningless formula the necessity of belonging to the true Church in order to gain eternal salvation. Others finally belittle the reasonable character of the credibility of Catholic faith.
28. These and like errors, it is clear, have crept in among certain of Our sons who are deceived by imprudent zeal for souls or by false science. To them We are compelled with grief to repeat once again truths already well known, and to point out with solicitude clear errors and dangers of error.
29. It is well known how highly the Church regards human reason, for it falls to reason to demonstrate with certainty the existence of God, personal and one; to prove beyond doubt from divine signs the very foundations of the Catholic faith; to express properly the law which the Creator has imprinted in the hearts of men; and finally to attain to some notion, indeed a very fruitful notion, of mysteries.[7] But reason can perform these functions safely and well only when properly trained, that is, when imbued with that sound philosophy which has long been, as it were, a patrimony handed down by earlier Catholic ages, and which moreover possesses an authority of an even higher order, since the Teaching Authority of the Church, in the light of divine revelation itself, has weighed its fundamental tenets, which have been elaborated and defined little by little by men of great genius. For this philosophy, acknowledged and accepted by the Church, safeguards the genuine validity of human knowledge, the unshakable metaphysical principles of sufficient reason, causality, and finality, and finally the mind's ability to attain certain and unchangeable truth.
30. Of course this philosophy deals with much that neither directly nor indirectly touches faith or morals, and which consequently the Church leaves to the free discussion of experts. But this does not hold for many other things, especially those principles and fundamental tenets to which We have just referred. However, even in these fundamental questions, we may clothe our philosophy in a more convenient and richer dress, make it more vigorous with a more effective terminology, divest it of certain scholastic aids found less useful, prudently enrich it with the fruits of progress of the human mind. But never may we overthrow it, or contaminate it with false principles, or regard it as a great, but obsolete, relic. For truth and its philosophic expression cannot change from day to day, least of all where there is question of self-evident principles of the human mind or of those propositions which are supported by the wisdom of the ages and by divine revelation. Whatever new truth the sincere human mind is able to find, certainly cannot be opposed to truth already acquired, since God, the highest Truth, has created and guides the human intellect, not that it may daily oppose new truths to rightly established ones, but rather that, having eliminated errors which may have crept in, it may build truth upon truth in the same order and structure that exist in reality, the source of truth. Let no Catholic therefore, whether philosopher or theologian, embrace eagerly and lightly whatever novelty happens to be thought up from day to day, but rather let him weigh it with painstaking care and a balanced judgment, lest he lose or corrupt the truth he already has, with grave danger and damage to his faith.
31. If one considers all this well, he will easily see why the Church demands that future priests be instructed in philosophy "according to the method, doctrine, and principles of the Angelic Doctor,"[8] since, as we well know from the experience of centuries, the method of Aquinas is singularly preeminent both of teaching students and for bringing truth to light; his doctrine is in harmony with Divine Revelation, and is most effective both for safeguarding the foundation of the faith and for reaping, safely and usefully, the fruits of sound progress.[9]
32. How deplorable it is then that this philosophy, received and honored by the Church, is scorned by some, who shamelessly call it outmoded in form and rationalistic, as they say, in its method of thought. They say that this philosophy upholds the erroneous notion that there can be a metaphysic that is absolutely true; whereas in fact, they say, reality, especially transcendent reality, cannot better be expressed than by disparate teachings, which mutually complete each other, although they are in a way mutually opposed. Our traditional philosophy, then, with its clear exposition and solution of questions, its accurate definition of terms, its clear-cut distinctions, can be, they concede, useful as a preparation for scholastic theology, a preparation quite in accord with medieval mentality; but this philosophy hardly offers a method of philosophizing suited to the needs of our modern culture. They allege, finally, that our perennial philosophy is only a philosophy of immutable essences, while the contemporary mind must look to the existence of things and to life, which is ever in flux. While scorning our philosophy, they extol other philosophies of all kinds, ancient and modern, oriental and occidental, by which they seem to imply that any kind of philosophy or theory, with a few additions and corrections if need be, can be reconciled with Catholic dogma. No Catholic can doubt how false this is, especially where there is question of those fictitious theories they call immanentism, or idealism or materialism, whether historic or dialectic, or even existentialism, whether atheistic or simply the type that denies the validity of the reason in the field of metaphysics.
33. Finally, they reproach this philosophy taught in our schools for regarding only the intellect in the process of cognition, while neglecting the function of the will and the emotions. This is simply not true. Never has Catholic philosophy denied the usefulness and efficacy of good dispositions of soul for perceiving and embracing moral and religious truths. In fact, it has always taught that the lack of these dispositions of good will can be the reason why the intellect, influenced by the passions and evil inclinations, can be so obscured that it cannot see clearly. Indeed St. Thomas holds that the intellect can in some way perceive higher goods of the moral order, whether natural or supernatural, inasmuch as it experiences a certain "connaturality" with these goods, whether this "connaturality" be purely natural, or the result of grace;[10] and it is clear how much even this somewhat obscure perception can help the reason in its investigations. However it is one thing to admit the power of the dispositions of the will in helping reason to gain a more certain and firm knowledge of moral truths; it is quite another thing to say, as these innovators do, indiscriminately mingling cognition and act of will, that the appetitive and affective faculties have a certain power of understanding, and that man, since he cannot by using his reason decide with certainty what is true and is to be accepted, turns to his will, by which he freely chooses among opposite opinions.
34. It is not surprising that these new opinions endanger the two philosophical sciences which by their very nature are closely connected with the doctrine of faith, that is, theodicy and ethics; they hold that the function of these two sciences is not to prove with certitude anything about God or any other transcendental being, but rather to show that the truths which faith teaches about a personal God and about His precepts, are perfectly consistent with the necessities of life and are therefore to be accepted by all, in order to avoid despair and to attain eternal salvation. All these opinions and affirmations are openly contrary to the documents of Our Predecessors Leo XIII and Pius X, and cannot be reconciled with the decrees of the Vatican Council. It would indeed be unnecessary to deplore these aberrations from the truth, if all, even in the field of philosophy, directed their attention with the proper reverence to the Teaching Authority of the Church, which by divine institution has the mission not only to guard and interpret the deposit of divinely revealed truth, but also to keep watch over the philosophical sciences themselves, in order that Catholic dogmas may suffer no harm because of erroneous opinions.
35. It remains for Us now to speak about those questions which, although they pertain to the positive sciences, are nevertheless more or less connected with the truths of the Catholic faith. In fact, not a few insistently demand that the Catholic religion take these sciences into account as much as possible. This certainly would be praiseworthy in the case of clearly proved facts; but caution must be used when there is rather question of hypotheses, having some sort of scientific foundation, in which the doctrine contained in Sacred Scripture or in Tradition is involved. If such conjectural opinions are directly or indirectly opposed to the doctrine revealed by God, then the demand that they be recognized can in no way be admitted.
36. For these reasons the Teaching Authority of the Church does not forbid that, in conformity with the present state of human sciences and sacred theology, research and discussions, on the part of men experienced in both fields, take place with regard to the doctrine of evolution, in as far as it inquires into the origin of the human body as coming from pre-existent and living matter - for the Catholic faith obliges us to hold that souls are immediately created by God. However, this must be done in such a way that the reasons for both opinions, that is, those favorable and those unfavorable to evolution, be weighed and judged with the necessary seriousness, moderation and measure, and provided that all are prepared to submit to the judgment of the Church, to whom Christ has given the mission of interpreting authentically the Sacred Scriptures and of defending the dogmas of faith.[11] Some however, rashly transgress this liberty of discussion, when they act as if the origin of the human body from pre-existing and living matter were already completely certain and proved by the facts which have been discovered up to now and by reasoning on those facts, and as if there were nothing in the sources of divine revelation which demands the greatest moderation and caution in this question.
37. When, however, there is question of another conjectural opinion, namely polygenism, the children of the Church by no means enjoy such liberty. For the faithful cannot embrace that opinion which maintains that either after Adam there existed on this earth true men who did not take their origin through natural generation from him as from the first parent of all, or that Adam represents a certain number of first parents. Now it is in no way apparent how such an opinion can be reconciled with that which the sources of revealed truth and the documents of the Teaching Authority of the Church propose with regard to original sin, which proceeds from a sin actually committed by an individual Adam and which, through generation, is passed on to all and is in everyone as his own.[12]
38. Just as in the biological and anthropological sciences, so also in the historical sciences there are those who boldly transgress the limits and safeguards established by the Church. In a particular way must be deplored a certain too free interpretation of the historical books of the Old Testament. Those who favor this system, in order to defend their cause, wrongly refer to the Letter which was sent not long ago to the Archbishop of Paris by the Pontifical Commission on Biblical Studies.[13] This letter, in fact, clearly points out that the first eleven chapters of Genesis, although properly speaking not conforming to the historical method used by the best Greek and Latin writers or by competent authors of our time, do nevertheless pertain to history in a true sense, which however must be further studied and determined by exegetes; the same chapters, (the Letter points out), in simple and metaphorical language adapted to the mentality of a people but little cultured, both state the principal truths which are fundamental for our salvation, and also give a popular description of the origin of the human race and the chosen people. If, however, the ancient sacred writers have taken anything from popular narrations (and this may be conceded), it must never be forgotten that they did so with the help of divine inspiration, through which they were rendered immune from any error in selecting and evaluating those documents.
39. Therefore, whatever of the popular narrations have been inserted into the Sacred Scriptures must in no way be considered on a par with myths or other such things, which are more the product of an extravagant imagination than of that striving for truth and simplicity which in the Sacred Books, also of the Old Testament, is so apparent that our ancient sacred writers must be admitted to be clearly superior to the ancient profane writers.
40. Truly, we are aware that the majority of Catholic doctors, the fruit of whose studies is being gathered in universities, in seminaries and in the colleges of religious, are far removed from those errors which today, whether through a desire for novelty or through a certain immoderate zeal for the apostolate, are being spread either openly or covertly. But we know also that such new opinions can entice the incautious; and therefore we prefer to withstand the very beginnings rather than to administer the medicine after the disease has grown inveterate.
41. For this reason, after mature reflexion and consideration before God, that We may not be wanting in Our sacred duty, We charge the Bishops and the Superiors General of Religious Orders, binding them most seriously in conscience, to take most diligent care that such opinions be not advanced in schools, in conferences or in writings of any kind, and that they be not taught in any manner whatsoever to the clergy or the faithful.
42. Let the teachers in ecclesiastical institutions be aware that they cannot with tranquil conscience exercise the office of teaching entrusted to them, unless in the instruction of their students they religiously accept and exactly observe the norms which We have ordained. That due reverend and submission which in their unceasing labor they must profess toward the Teaching Authority of the Church, let them instill also into the minds and hearts of their students.
43. Let them strive with every force and effort to further the progress of the sciences which they teach; but let them also be careful not to transgress the limits which We have established for the protection of the truth of Catholic faith and doctrine. With regard to new questions, which modern culture and progress have brought to the foreground, let them engage in most careful research, but with the necessary prudence and caution; finally, let them not think, indulging in a false "irenism," that the dissident and the erring can happily be brought back to the bosom of the Church, if the whole truth found in the Church is not sincerely taught to all without corruption or diminution.
44. Relying on this hope, which will be increased by your pastoral care, as a pledge of celestial gifts and a sign of Our paternal benevolence, We impart with all Our heart to each and all of you, Venerable Brethren, and to your clergy and people the Apostolic Benediction.
Given at Rome, at St. Peter's, 12 August 1950, the twelfth year of Our Pontificate. PIUS XII
1. Conc. Vatic. D.B., 1876, Cont. De Fide cath., cap. 2, De revelatione. 2. C.I.C., can 1324; cfr. Conc. Vat., D.B., 1820, Cont. De Fide cath., cap. 4, De Fide et ratione, post canones. 3. Luke, X, 16 4. Pius IX, Inter gravissimas, 28 oct., 1870, Acta, vol. I, p. 260. 5. Cfr. Conc. Vat., Const. De Fide cath., cap. 1, De Deo rerum omnium creatore. 6. Cfr. Litt. Enc. Mystici Corporis Christi, A.A.S., vol. XXXV, p. 193 sq. 7. Cfr. Conc. Vat., D.B., 1796. 8. C. I. C. can. 1366, 2. 9. A.A.S., vol. XXXVIII, 1946, p. 387. 10. Cfr. St. Thom., Summa Theol., II-II, quaest. 1, art. 4 ad 3 et quaest. 45, art. 2, in c. 11. Cfr. Allocut Pont. to the members of the Academy of Science, November 30, 1941: A.A.S., vol. XXXIII, p. 506. 12. Cfr. Rom., V, 12-19; Conc. Trid., sess, V, can. 1-4. 13. January 16, 1948: A.A.S., vol. XL, pp. 45-48.
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